La perdita di peso e l’atrofia muscolare sono comunemente presenti nei pazienti con malattia epatica allo stadio terminale. Poiché però vi è un'associazione tra la malnutrizione e lo scarso esito clinico, questi pazienti (o quelli a rischio di diventare malnutriti) sono spesso trattati con nutrizione parenterale, enterale, o supplementi nutrizionali orali. Dato che questi interventi hanno costi ed effetti negativi, è importante dimostrare se il loro impiego provochi miglioramento dello stato patologico o mortalità, o entrambi.

Per valutare gli effetti benefici e quelli dannosi correlati alla nutrizione parenterale, enterale e ai  supplementi nutrizionali orali sulla mortalità e la morbilità dei pazienti con malattie epatiche preesistenti sono state esaminate le banche dati informatizzate di: Cochrane Hepato-Biliary Group Controlled Trials Register, Cochrane Central Register of Controlled Trials (CENTRAL) (The Cochrane Library), MEDLINE, EMBASE e Science Citation Index Expanded (gennaio 2012). Inoltre, sono stati valutati le liste di riferimento delle prove individuate, gli articoli di revisione e il Clinicaltrials.gov. Sono state considerate anche le sperimentazioni identificate in una precedente ricerca manuale sistematica dell’Indrex Medicus; e di un certo numero di riviste mediche, che comprendevano gli estratti dei convegni annuali. Gli esperti del settore e i produttori di formulazioni nutrizionali sono stati contattati per i riferimenti necessari.

 

Son stati selezionati gli  studi clinici randomizzati (progettazione parallela o cross-over) in cui sono posti a confronto gruppi di pazienti con malattie epatiche di base che hanno o non hanno ricevuto nutrizione enterale o parenterale o supplementi nutrizionali orali, senza restrizione  di data, lingua, o modalità di pubblicazione. Sei categorie di studi sono state considerate separatamente: pazienti di area medica o chirurgica che ricevono la nutrizione parenterale, la nutrizione enterale, o i supplementi.

Per ogni articolo sono stati individuati:

  • la data di pubblicazione, la collocazione geografica, i criteri di inclusione ed esclusione, il tipo di supporto nutrizionale e i componenti del preparato nutrizionale, la durata del trattamento, qualsiasi alimentazione fornita ai controlli; il numero, sesso, ed età dei partecipanti allo studio, lo status ospedaliero o ambulatoriale; la malattia epatica preesistente;
  • i rischi di distorsione (generazione di sequenza, occultamento di assegnazione, confusione, risultato incompleto, analisi dello scopo del trattamento, risultato selettivo, altri: interesse personale, squilibrio della base di rilevamento, sospensione precoce);
  • la mortalità, la morbilità epatica (sviluppo o risoluzione di ascite o encefalopatia epatica,  presenza di sanguinamento gastrointestinale);
  • i punteggi della qualità della vita, gli eventi avversi; le infezioni; i periodi di permanenza in ospedale o in terapia intensiva; i costi; la bilirubina; le complicanze postoperatorie (sperimentazioni chirurgiche solo), e i risultati nutrizionali (bilancio azotato, misure antropometriche, peso corporeo).

I risultati principali di questa revisione sono stati mortalità, morbilità epaticaqualità della vita, ed eventi avversi. I dati sono stati estratti in duplice copia, le differenze sono state risolte tramite consenso. I dati per ciascun risultato sono stati combinati in una meta-analisi. Le stime sono state riportate utilizzando i rapporti di rischio o le differenze medie, insieme con gli intervalli di confidenza 95% (CI). Sono stati impiegati modelli sia per effetti fissi che casuali, i modelli a effetti fissi sono stati riportati a meno che un solo modello, ma non l'altro, abbia trovato una differenza significativa (nel qual caso entrambi sono stati riportati). L'eterogeneità è stata valutata mediante il test Chi(2) e la statistica I(2) . Le analisi dei sottogruppi sono state progettate per valutare le malattie) epatiche specifiche (epatite alcolica, cirrosi, carcinoma epatocellulare), le malattie epatiche acute o croniche, e le sperimentazioni che hanno impiegato formulazioni standard o a catena ramificata di aminoacidi (per i risultati sulla encefalopatia epatica).

Analisi di sensibilità sono state realizzate per confrontare gli studi a basso ed elevato rischio di errore e gli studi presentati come lavori completi. Sono state effettuate le seguenti analisi esplorative: 1) sono stati associati studi medici e chirurgici per ogni intervento nutrizionale; 2) analisi dello scopo del trattamento nelle quali i dati mancati dicotomici sono stati imputati come gli scenari del caso migliore e peggiore; 3) tutti gli studi sono stati combinati per valutare la mortalità; 4) gli effetti sono stati stimati mediante una riduzione del rischio assoluto.

Sono stati identificati 37 studi, solo uno era a basso rischio di errore. La maggior parte delle analisi non è riuscita a trovare differenze significative.

I risultati significativi che sono stati trovati sono i seguenti:

1) i pazienti medici itterici che ricevono nutrizione parenterale hanno una riduzione della bilirubina sierica (differenza media (MD) -2,86 mg%, 95% CI -3,82 mg% a -1,89 mg%, 3 studi) e un bilancio dell'azoto migliore (MD 3,60 g/giorno, 95% CI 0,86 g/giorno a 6,34 g/giorno, 1 studio);

2) i pazienti chirurgici trattati con nutrizione parenterale hanno una ridotta incidenza di ascite postoperatorio solo nel modello a effetti fissi (RR 0,65, 95% CI 0,48-0,87, 2 studi, I(2)=70%) e uno studio ha dimostrato una riduzione delle complicanze post-operatorie, specialmente le infezioni (polmonite in particolare);

3) in ambito medico la nutrizione enterale può avere migliorato il bilancio azotato(anche se una combinazione delle tre prove non era possibile);

4) uno studio chirurgico di nutrizione enterale ha rilevato una riduzione delle complicanze post-operatorie;

 

5) supplementi nutrizionali orali hanno avuto diversi effetti nei pazienti medici (ridotta presenza di ascite (RR 0,57, 95% CI 0,37-0,88, 3 studi), forse (differenze significative viste solo nel modello a effetti fissi) aliquote ridotte di infezioni (RR 0,49, 95% CI 0,24-0,99, 3 studi, I(2)=14%), e una maggiore risoluzione di encefalopatia epatica (RR 3,75, 95% CI 1,15-12,18, 2 studi, I(2)= 79%).

Mentre non vi era alcun effetto complessivo degli integratori sulla mortalità in pazienti di pertinenza medica, l’unico studio a basso rischio di errore ha trovato un aumentato rischio di morte nei pazienti che hanno assunto i supplementi nutrizionali. Tre studi sugli integratori in pazienti chirurgici non hanno evidenziato differenze significative.

Nessuna nuova informazione è emersa dalle varie analisi di sottogruppo o di sensibilità. Anche le analisi esplorative non hanno rivelato nulla tranne un enigma logico. Non c'era differenza nella mortalità, quando tutte le prove sono state combinate, ma le prove di nutrizione parenterale hanno rilevato che i destinatari avevano una migliore sopravvivenza (RR 0,53, 95% CI 0,29-0,98, 10 studi). O la prima osservazione rappresenta un errore di tipo II o l'ultima uno di tipo I.

I dati non portano a una convincente giustificazione dell'uso di routine della nutrizione parenterale, enterale, o dei supplementi nutrizionali orali nei pazienti con malattia epatica.

Il fatto che tutti questi studi, tranne uno, fossero ad elevato rischio di distorsione getta persino dubbi anche sui pochi benefici che sono stati dimostrati. Sono quindi necessari dati provenienti da studi clinici randomizzati ben progettati ed eseguiti che comprendano un gruppo di controllo non trattato prima di poter formulare una valida raccomandazione. Gli studi futuri devono essere condotti in modo da rivelare differenze piccole, ma clinicamente rilevanti.

vai all'articolo >> Cochrane Database Syst Rev. 2012 May 16;5:CD008344. Nutritional support for liver disease.

Il dolore correlato alla malattia oncologica è vissuto quasi dal 50% dei pazienti in tutte le fasi della malattia e da oltre il 70%  nella fase avanzata e terminale.

Nelle persone affette da AIDS il dolore può essere presente negli stadi precoci mentre lo è nel 100% di coloro che si trovano nelle fasi avanzate.

Gli analgesici oppioidi sono il cardine per una gestione del dolore in forma moderata o grave. Eppure si stima che l’80% dei pazienti con dolore non hanno accesso agli analgesici. Anche nei paesi con abbondanti risorse sanitarie e disponibilità di oppioidi, come nell’Europa Occidentale e negli Stati Uniti, è presente questo problema sia per l’inadeguata formazione degli operatori sanitari che per una insufficiente comunicazione tra medici e pazienti che spesso porta alla sottovalutazione del dolore e alla presenza di effetti negativi che sarebbero prevedibili o curabili.

Gli effetti avversi degli oppioidi, come la stipsi e nausea, possono far limitare il dosaggio degli stessi e portare ad una discontinua ed inadeguata analgesia.

La costipazione infatti colpisce fino all’87% dei malati terminali che assumono oppioidi. Ci sono evidenze che la profilassi con un lassativo è efficace e quindi dovrebbe essere una prescrizione prioritaria quando i pazienti iniziano ad assumere farmaci oppioidi.

Invece, dal 15 al 40% dei pazienti presentano nausea e vomito. Alcuni operatori sanitari suggeriscono di utilizzare antiemetici per la prevenzione di questi sintomi ogni volta che sono prescritti gli oppioidi, ma ci sono poche prove a sostegno di questa scelta. Infatti, non ci sono studi che indichino l’efficacia di un antiemetico rispetto ad un altro nella gestione della nausea indotta da oppioidi.

Nel 2006, l’International Association for Hospice and Palliative Care (IAHPC) ha sviluppato un elenco di Farmaci Essenziali da utilizzare nelle Cure Palliative. Tuttavia, l’elenco IAHPC non specifica i dosaggi o le combinazioni tra oppioidi, lassativi e antiemetici che possano indurre una più sicura ed efficace prevenzione e trattamento del dolore cronico.

La IAHPC ha voluto raccomandare un pacchetto essenziale di prescrizione degli oppioidi (OEPP) che: (a) assicurasse una somministrazione degli oppioidi in modo che fossero meglio tollerati dai pazienti e quindi avessero un migliore controllo del dolore; (b) che fosse valido a livello  internazionale.

Per cui ha ritenuto di promuovere uno studio per determinare, attraverso il consenso, i componenti di un OEPP da usare per iniziare un trattamento analgesico e verificare la disponibilità dei prodotti dell’OEPP nei vari paesi che hanno partecipato allo studio al fine di garantirne l’applicabilità internazionale.

Metodo

La IAHPC ha convocato un gruppo di lavoro (WG) composto dai membri del Consiglio IAHPC (MB, EB, LDL, CR, RW) e da esperti esterni di cure palliative provenienti da istituti accademici e di ricerca (EV, CN) a livello internazionale.

Studio di progettazione

È stata applicata la tecnica Delphi a due turni per determinare il consenso.

I partecipanti avevano un accesso on-line web-based per la rilevazione riservata attraverso il sito della IAHPC. Il tempo stimato per completare ogni indagine è stata di 15 minuti.

I farmaci sottoposti all’indagine erano quelli contenuti nella lista IAHPC dei Farmaci Essenziali in cure palliative per il trattamento di dolori elevati, nausea, vomito e costipazione:

1. Oppioidi: morfina, ossicodone, metadon, e fentanyl (cerotto transdermico);

2. Lassativi: bisacodyl e senna;

3. Antiemetici: aloperidolo, levomepromazina e metoclopramide.

Successivamente alla pubblicazione dell’elenco dei Farmaci Essenziali IAHPC del 2006, ulteriori studi sulla gestione della costipazione da oppiacei sono stati condotti sulla somministrazione di lattulosio e soluzioni con glicole di polietilene con evidenza di efficacia e sicurezza. Inoltre, le nuove Linee Guida sulla costipazione consigliano l’idrossido di magnesio (per via orale liquido: latte di magnesia). Sulla base di questi dati, il gruppo di lavoro ha deciso di includerli nello studio.

Campionamento e partecipanti

Il campione di studio era costituito da:

  1. medici membri IAHPC;
  2. personale che opera in paesi che presentano i rapporti sul consumo per il controllo dei narcotici (INCB).

Utilizzando l’elenco dei potenziali partecipanti, questi sono stati processati in base:

  1. al sistema di classificazione regionale dell’OMS (Africa, Americhe, Sud Est Asia, Europa, Mediterraneo orientale, e Pacifico occidentale);
  2. alla classificazione del reddito della Banca Mondiale: alto, medio superiore, medio inferiore e basso;

e sono stati selezionati i primi due individui risultati da ogni categoria. Quando il numero di individui in una categoria socio-economica era insufficiente, veniva selezionato un individuo dal livello socio-economico attiguo.

Procedura

Una descrizione dello studio e le istruzioni per accedere al sondaggio sono stati inviati a 60 selezionati che hanno aderito al progetto. Due promemoria sono state inviate a intervalli di 2 settimane dopo il contatto iniziale per ogni turno.

Il primo round Delphi includeva informazioni su: dati demografici del partecipante; disponibilità e accesso ad oppioidi, lassativi e antiemetici; tempi di somministrazione, commenti. Ai partecipanti è stato chiesto di classificare un elenco di farmaci in ordine di preferenza dal “più sicuro ed efficace” a quello “almeno sicuro ed efficace” negli adulti, per la somministrazione di oppioidi forti nel trattamento del dolore da cancro da moderato a grave e in altre patologie potenzialmente letali. C’era anche la possibilità di suggerire altri farmaci non inclusi nel sondaggio. Nella  sezione sulla disponibilità e l’accesso dei farmaci, ai partecipanti è stato anche chiesto se i loro pazienti avevano avuto difficoltà a reperire i farmaci elencati nello studio e in caso affermativo per quali.

Per il secondo giro Delphi, la linea di separazione per il consenso (= la percentuale di campioni d’accordo con l’affermazione) è stata fissata al 75%. I farmaci  che avevano ottenuto una nomina inferiore al 15% dopo il primo round sono stati cancellati dall’elenco. Nel secondo turno, ai partecipanti sono stati forniti i risultati del primo turno ed è stato chiesto di indicare, in ordine di preferenza, 3 farmaci tra quelli rimasti.

Risultati

Tutti i 60 medici hanno accettato di partecipare allo studio. I tassi di risposta complessiva del primo e secondo round sono stati del 95% (57/60) e 82% (49/60), rispettivamente. Più della metà dei partecipanti (57%) erano rappresentanti di paesi delle Americhe e dell’Europa e per il 63% operanti in regioni con redditi  alti e medio superiori.

Oppiacei

Nel primo turno, la morfina è stata indicata dall’89,4% (n = 51) dei partecipanti come la prima scelta. Nel primo turno Delphi l’idromorfone non era incluso, ma il 35,1% (n = 20) dei partecipanti lo ha suggerito. È stato pertanto incluso nel secondo turno come un oppiaceo alternativo.

Nel secondo turno, l’87,7% (n = 43) era d’accordo o fortemente concordava con l’uso per via orale della morfina (5 mg ogni 4 ore), quale prima linea di trattamento. Nessun consenso è stato raggiunto sulla scelta di un oppiaceo alternativo in caso di non disponibilità della morfina. Solo l’ossicodone e il metadone sono stati scelti da oltre il 15% dei partecipanti.

Lassativi

Dopo entrambi i turni, non era presente un chiaro consenso riguardo al lassativo di prima scelta, solo la combinazione di senna e docusato ha raggiunto il più alto livello di accordo (59,2%; n = 29), seguito da bisacodyl (24,5%, n = 12). Mentre c’è stato consenso sulla necessità di usare i lassativi fin dall’inizio del trattamento con oppiodi (93%, n = 53).

Antiemetico

Il metoclopramide ha raggiunto un consenso del 75,5% (n = 37) quale antiemetico di prima scelta dopo entrambi i turni. Il consenso non è stato raggiunto per quanto riguarda la frequenza di somministrazione: il 51,0% (n = 25) ha scelto “se necessario” mentre il 49,0% (n = 24) ha selezionato “regolarmente”.

Disponibilità e accesso ai farmaci

Una parte sostanziale dei partecipanti aveva difficoltà ad accedere agli oppioidi nel proprio paese, dal 33% (morfina) al 45% (metadone) in base alle molecole.

I lassativi sono facilmente disponibili, anche se più di un terzo dei partecipanti (38,8%) avrebbe difficoltà a procurarsi la senna e il docusate.

Dei tre antiemetici della lista, la migliore disponibilità è stata per la levomepromazina (46,9%).

Lo scarso accesso agli oppioidi, ad eccezione del fentanil, era significativamente più alto nei paesi a reddito medio basso e basso (p <0,05). Differenze non significative di accessibilità per i lassativi sono state trovate tra paesi ad alto e a basso reddito. L’accesso alla levomepromazina era significativamente più difficile dove il reddito è medio basso e basso.

Quando si confronta la selezione dei farmaci in base alla classificazione per reddito, una percentuale significativamente più elevata dei partecipanti di regioni a basso reddito sceglie l’ossicodone (p = 0,03).

Discussione

La scelta della morfina come prima opzione per l’avvio del trattamento del dolore è in accordo con diverse linee guida e recensioni critiche sulla gestione del dolore per la sua efficacia, l’esperienza clinica, la disponibilità e i costi.

L’ossicodone e il metadone sono oppiacei alternativi selezionati per l’inizio del trattamento del dolore. I dati indicano che l’ossicodone è più costoso del metadone e meno sicuro da utilizzare nei pazienti con l’insufficienza renale.

 

La costipazione è l’effetto indesiderato più comune degli oppioidi, e in questo studio quasi tutti i partecipanti hanno raccomandato che la profilassi con un lassativo dovrebbe essere una priorità quando i pazienti iniziano ad assumere oppioidi. La combinazione di senna e docusato è stata l’opzione preferita, ma più di un terzo dei partecipanti ha riferito difficoltà di accesso alla combinazione, sia nei paesi a reddito alto che basso. Il bisacodyl è stato scelto come seconda opzione nel trattamento della stipsi e ha il vantaggio di essere più accessibile nella maggior parte dei paesi rappresentati in questa studio. Non è stata dimostrata la superiorità di un lassativo rispetto agli altri e le raccomandazioni sono basate sulla perizia, non supportate da alcuno studio prospettico o valutazione sistematica dei dati.

La metoclopramide è raccomandata come terapia di prima linea nella gestione della nausea indotta da oppioidi, ma non c’è stato nessun accordo sullo schema posologico. Non ci sono studi ad indicare la superiorità di un antiemetico rispetto ad un altro, né se essi dovrebbero essere utilizzati per la prevenzione della nausea indotta da oppioidi.

Più di un terzo dei partecipanti ha riferito problemi sulla disponibilità e l’accesso ai farmaci, e addirittura la metà degli operatori per i paesi a basso reddito.

Limiti dello studio

I risultati sono basati sulle opinioni dei medici intenzionalmente selezionati tra i membri della IAHPC e potrebbero non rispecchiare il pensiero di un più ampio campione di specialisti di cure palliative e del trattamento del dolore.

Il maggioranza dei partecipanti agiscono in paesi con reddito alto o medio superiore quindi i risultati potrebbero non riflettere la preferenza dei sanitari che lavorano in paesi con redditi inferiori.

 

vai all'articolo >> Strategic Pain Management: The Identi?cation and Development of the IAHPC Opioid Essential Prescription Package - Ernesto Vignaroli, M.D.

JOURNAL OF PALLIATIVE MEDICINE Volume XX, Number XX, 2011

L’abitudine di utilizzare la musica in medicina è diventata una pratica molto diffusa negli ultimi due decenni, e la musicoterapia è stata collegata alla diminuzione dell'ansia e del disagio dei pazienti trattati con ventilatori meccanici, così come dell'ansia dei pazienti con malattie cardiache, alla riduzione della tensione durante la chemioterapia o la radioterapia, al miglioramento dell'umore e della qualità della vita; e al miglioramento del funzionamento del sistema immunitario.

Un team di terapisti musicali guidati da Joke Bradt, PhD, del Dipartimento di Creative Arts Therapies presso la Drexel University di Philadelphia, ha eseguito una revisione della letteratura di 30 studi per un totale di 1.891 di malati di cancro sottoposti a interventi di musicoterapia come parte del trattamento.

I ricercatori hanno esaminato 17 studi clinici, identificandoli come “musica in medicina”, in cui un medico faceva solo ascoltare una musica pre-registrata, e 13 studi che hanno coinvolto “la musicoterapia”, in cui musicoterapisti addestrati coinvolgono direttamente il paziente in un’esperienza musicale personalizzata e terapeutica, sia attraverso l'ascolto di musica dal vivo o suonando uno strumento.

È risultato che entrambi gli interventi sembrano essere efficaci nel ridurre l'ansia rispetto all’assenza di musica o alla presenza di un rumore di fondo uniforme o di suoni della natura erogati attraverso le cuffie.

In sette studi hanno verificato che la musica alleviava l'ansia con una riduzione media di 11,20 unità secondo la scala STAI-S (95% CI -19,59 a -2,82, p = 0,009).

La musica ha avuto un impatto positivo sull'umore (95% CI 0,03-0,81, p = 0,03) così come modeste riduzioni sulla frequenza cardiaca, su quella respiratoria e sulla pressione sanguigna.

I pazienti che hanno usufruito della musica in medicina o della musicoterapia hanno dichiarato meno dolore durante una procedura di cancro-correlata rispetto a coloro che non hanno ascoltato la musica (95% CI -0,92 a -0,27, P = 0,0003).

Inoltre, i risultati raccolti da due studi hanno indicato che la musicoterapia ha un effetto positivo sulla qualità della vita dei pazienti (p = 0,0001).

Cinque studi hanno dimostrato che la musica non ha aiutato in caso di depressione.

Bradt e colleghi non ritengono di avere abbastanza dati per trarre conclusioni sugli effetti di interventi musicali sul disagio, sull’immagine corporea, sulla saturazione del livello di ossigeno, sul funzionamento immunologico, sulla spiritualità, o sugli esiti di comunicazione; né di essere in grado di evidenziare le differenze di effetto tra i due tipi di utilizzo della musica - semplice presenza o intervento attivo di musicoterapisti. Hanno invece fatto notare che uno studio ha evidenziato che a molti pazienti non piaceva ascoltare la musica tramite le cuffie durante una procedura cancro-correlata, perché non sentivano quando il medico parlava, e questo provocava ansia inoltre potrebbe aumentare la percezione del dolore procedurale.

 

Vai all'articolo >> Bradt J, et al "Music interventions for improving psychological and physical outcomes in cancer patients" Cochrane Database Syst Rev 2011; DOI: 10.1002/14651858.CD006911.pub2.

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