Uno studio che ha coinvolto i Dipartimenti di Medicina e le Divisioni di Pneumologia e Medicina di Area Critica delle Università degli stati USA: Sud Carolina e Washington; la Divisione di pneumologia e di Medicina di Area Critica del Harborview Medical Center di Seattle, ed il Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, aveva lo scopo di verificare la relazione tra l'auto-valutazione dei tirocinanti sulla qualità della loro capacità comunicativa nella end-of-life e le valutazioni dei pazienti, dei familiari e dei medici valutatori.

Quale studio randomizzato, i dati delle indagini sono stati raccolti pre-intervento in due sedi sia relativi ai tirocinanti di medicina interna che ai loro pazienti, alle famiglie dei pazienti e ai clinici-valutatori. In questa analisi osservazionale, il confronto, usando l'analisi di regressione, è stato realizzato tra (1) i punteggi dei tirocinanti su una scala relativa alla competenza percepita nella comunicazione sull’assistenza nella terminalità e quelli espressi dai (2) pazienti,dalle famiglie e dai clinico-valutatori tramite un questionario sulla qualità della comunicazione nel fine vita (QOC). Alcune analisi secondarie sono state eseguite utilizzando specifiche sottoscale di queste valutazioni.

I tirocinanti di Medicina Interna (143) sono stati studiati sia con auto-valutazione che con valutazioni esterne. Non sono state osservate associazioni significative tra i punteggi di competenza percepita dei tirocinanti e le misure del risultato primario (p> 0,05). Delle 12 analisi effettuate con sottoscale secondarie, le auto-valutazioni dei tirocinanti erano significativamente associate con le valutazioni esterne per un solo aspetto, ma l’associazione era nella direzione opposta: le valutazioni crescenti dei tirocinanti erano significativamente associate con un punteggio in diminuzione da parte della famiglia in merito alla "discussione sul trattamento". Sono state esaminate anche le correlazioni tra le valutazioni da parte dei pazienti, familiari e medici valutatori, che hanno mostrato correlazioni significative (p <0,05) per 7 su 18 confronti (38,9%).

 

Le autovalutazioni dei tirocinanti non presagisce i giudizi dei pazienti, delle famiglie dei pazienti, o dei medici valutatori per quanto riguarda la qualità della comunicazione nel fine della vita. Anche se questi risultati dovrebbero essere confermati con l’utilizzo degli stessi sistemi di misurazione da parte di tutti i valutatori, nel frattempo però gli sforzi per migliorare la comunicazione sulla cura di fine vita dovrebbero prendere in considerazione risultati diversi dall’autovalutazione del medico per determinare il successo dell'intervento.

vai all'abstract >> Internal Medicine Trainee Self-Assessments of End-of-Life Communication Skills Do Not Predict Assessments of Patients, Families, or Clinician-Evaluators

Robert P. Dickson, Journal of Palliative Medicine. April 2012, 15(4): 418-426

 

I pazienti oncologici in fase avanzata di malattia si imbattono in problematiche fisiche, psicologiche, sociali e spirituali da un lato conseguenza della malattia dall’altro direttamente correlate ai trattamenti a cui sono sottoposti. Il progetto di assistenza per questi pazienti dovrebbe prevedere un approccio individualizzato in cui siano considerati i bisogni, gli obiettivi e le preferenze dei pazienti durante tutto il decorso della malattia. Dai dati della letteratura si evince che solo molto tardi i pazienti, e neanche tutti, hanno l’opportunità di una conversazione realistica sulla prognosi, i potenziali benefici e i limiti della terapia, e sul ruolo delle cure palliative come opzione alternativa o da associare alle terapie specifiche.

Peppercorn e colleghi per conto dell’American Society of Clinical Oncology Ethics Commitee and Taskforce on the Cost of Cancer Care hanno evidenziato le barriere che limitano la realizzazione di questo approccio individualizzato, e le possibili strategie per superare gli ostacoli e implementare così un’assistenza in cui siano integrati gli obiettivi dei pazienti, offrendo una pratica secondo la evidence-base medicine. Il loro lavoro indirizza la vision dell’American Society of Clinical Oncology nel promuovere una maggiore e migliore comunicazione e il coinvolgimento nel processo decisionale per i pazienti con malattia avanzata.

 

 

 

 

Table 1. Key Elements of Individualized Care for Patients With

Advanced Cancer

1. Patients should be well informed about their prognosis and treatment options, ensuring that they have opportunities to make their preferences and concerns regarding treatment and supportive care known.

2. Anticancer therapy should be discussed and offered when evidence supports a reasonable chance of providing meaningful clinical benefit.

3. Options to prioritize and enhance patients’ quality of life should be discussed at the time advanced cancer is diagnosed and throughout the course of illness along with development of a treatment plan that includes goals of therapy.

4. Conversations about anticancer interventions should include information on likelihood of response, the nature of response, and the adverse effects and risks of any therapy. Direct costs to the patient in terms of time, toxicity, loss of alternatives, or financial impacts that can be anticipated should also be discussed to allow patients to make informed choices.

5. Whenever possible, patients with advanced cancer should be given the opportunity to participate in clinical trials or other forms of research that may improve their outcomes or improve the care of future patients.

6. When disease-directed options are exhausted, patients should be encouraged to transition to symptom-directed palliative care alone with the goal of minimizing physical and emotional suffering and ensuring that patients with advanced cancer are given the opportunity to die with dignity and peace of mind.

vai alla fonte della pubblicazione >>

 

13 settembre 2010 - I ricercatori di tre importanti istituti statunitensi, il Dana-Faber Cancer Institute dell’Harvard Medical School e il Brigham and Women’s Hospital di Boston, hanno pubblicato sul Journal Clinical Oncology i risultati della loro analisi multicentrica effettuata su 342 pazienti e sui loro familiari coinvolti nell’assistenza. A questi ultimi, in particolare, è stata indirizzata una serie di interviste strutturate e validate per valutare sia la qualità di vita dei propri congiunti da loro percepita nelle ultime due settimane di vita sia il loro stato mentale a sei mesi dal decesso. I dati dimostrano che, secondo gli intervistati, i pazienti deceduti in unità di cura intensiva o in ospedale presentavano una minore qualità di vita rispetto a coloro che erano morti a casa assistiti dai servizi di cure palliative. Così come i familiari dei pazienti che erano deceduti in un’unità di cura intensiva presentavano a sei mesi una maggiore probabilità di incorrere in un disordine psichiatrico correlato allo stress post traumatico, coloro che avevano vissuto il decesso del proprio congiunto in ospedale erano soggetti a un più elevato rischio di un prolungato lutto patologico rispetto alle persone il cui familiare era morto a casa con l’assistenza delle cure palliative.

link suggerito: http://jco.ascopubs.org/content/early/2010/09/13/JCO.2009.26.3863.long

 

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