Confrontare l'efficacia del fentanyl compressa effervescente (FBT), di quello sublinguale (ODT) e della compressa transmucosa (OTFC) per il trattamento del dolore episodico intenso da cancro ha un valore elevato per la clinica.

Sono stati valutati studi randomizzati controllati di FBT, ODT e OTFC nel trattamento del dolore episodico intenso da cancro, raccolti tramite una revisione sistematica della letteratura. La differenza di intensità del dolore (PID) è stata estratta da tutti gli studi idonei per tutti i tempi registrati. Un confronto sul trattamento misto di questi dati è stato effettuato rispetto al placebo come confronto indiretto. Il risultato primario era il miglioramento del PID durante i primi 60 minuti dopo la somministrazione (15-60 min).

Si è verificata una probabilità del 66% da parte del FBT di produrre un miglioramento maggiore del PID durante i primi 60 minuti dopo la somministrazione rispetto all’ODT (miglioramento medio nel PID 0,54) e una probabilità del 68% rispetto all’OTFC (media PID 0,48). Sia l’ODT che l’OTFC hanno prodotto un analogo livello di sollievo dal dolore durante i 60 minuti (53% di probabilità, media PID 0,10, a favore di ODT). Quando sono stati inclusi i dati dell’OTFC rispetto al solfato di morfina a rilascio immediato (MSIR), si è constatato che il FBT e l’ODT hanno entrambi punteggi migliori di PID oltre il termine di 60 minuti rispetto alla MSIR (FBT: 68% di probabilità, media PID 0,75; ODT 57 % di probabilità, media PID 0,35). Il risultato migliore del FBT e dell’ODT sul MSIR era evidente dopo 15 minuti dalla somministrazione.

La FBT potrebbe essere più efficace dell’ODT e dell’OTFC, mentre tutte le preparazioni di fentanyl per via orale sembrano superiori alla MSIR nel trattamento del dolore episodico intenso da cancro.

vai all'abstract >> BMJ Support Palliat Care 2012;2:156-162 - Various formulations of oral transmucosal fentanyl for breakthrough cancer pain: an indirect mixed treatment comparison meta-analysis - Ravi Jandhyala

 

I disturbi dell'umore sono comuni nei pazienti di cure palliative.

Di fronte ad un paziente in traiettoria palliativa che riporta di sentirsi triste, può essere difficile differenziare la tristezza dalla depressione che nei pazienti con cancro avanzato è  rispettivamente del 6,7% e del 16,3%.

La depressione nelle cure palliative è associata a scarsa osservanza del trattamento, maggiori difficoltà nell'alleviare i sintomi fisici, disabilità, prognosi infausta, una maggiore mortalità, degenze più lunghe ed elevati costi dell'assistenza sanitaria. Di conseguenza, il riconoscimento, la diagnosi ed il trattamento della depressione sono importanti. Gli operatori sanitari devono valutare se  aderire allo screening attivo e al trattamento dei disturbi dell'umore, che però possono portare a un trattamento eccessivo e alla medicalizzazione della normale tristezza.

Nel settore delle cure palliative, questo dubbio può essere accentuato perché i sintomi dell'umore possono essere correlati allo stress di affrontare la malattia nella fase terminale. Le cure palliative sono una cura della salute nel suo complesso, in cui, nella maggior parte dei paesi, i medici di famiglia svolgono un ruolo importante.

I medici di famiglia hanno difficoltà a raggiungere un equilibrio tra il sostenere ed incoraggiare i pazienti con sintomi depressivi e trattare attivamente i pazienti con depressione. Questa difficoltà può essere ancora maggiore nelle cure palliative, in cui i sintomi fisici e l’afflizione possono ostacolare l'interpretazione dei disturbi dell’umore.

Lo scopo di questo studio è di esplorare la variazione nei pareri dei medici di famiglia per quanto riguarda il riconoscimento, la diagnosi e la gestione della depressione in pazienti di cure palliative, e di individuare i loro suggerimenti per ottimizzare questo processo.

Lo studio ha avuto luogo in Olanda nelle cure primarie. Nei Paesi Bassi, tutti sono obbligati ad avere un'assicurazione sanitaria privata, e tutti i piani assicurativi forniscono assistenza attraverso le cure primarie. La maggior parte dei pazienti di cure palliative vogliono morire a casa, con il loro medico di famiglia come principale caregiver professionale.

Per studiare la percezione dei medici di famiglia riguardo alla depressione nei pazienti di cure palliative, si è utilizzata la discussione in piccoli gruppi. Un focus  group è considerato un metodo appropriato per esplorare i pareri formulati su una condizione complessa.

Si è usato un campionamento intenzionale per ottenere un campione di medici di famiglia da luoghi diversi e con differenti competenze in cure palliative. Il campione è costituito da 4 gruppi: (1) un gruppo precostituito occupato nell’educazione medica continua che discuteva gli argomenti su base mensile, (2) un gruppo di medici la cui attività è affiliata all'Università Radboud per gli studi universitari in medicina; (3) un gruppo di medici con attività affiliata e che hanno una vasta esperienza in cure palliative, e (4) un gruppo di medici che non erano affiliati a un'università, attivi nel sud dei Paesi Bassi.

Il gruppo 1 è costituito da 8 medici. I membri dei gruppi 2 e 3 sono stati reclutati inviando inviti a 300 medici di famiglia, 61 hanno risposto tra questi 8 erano disposti ed in grado di partecipare a questi gruppi. Sono stati selezionati i medici con esperienza in cure palliative in base alla partecipazione all'istruzione, al lavoro, o alla ricerca in questo campo. Infine, dei 24 medici invitati, 6 medici erano disposti e in grado di partecipare al gruppo 4. Tutti i medici hanno ricevuto un modesto rimborso per la loro partecipazione.

Ogni partecipante ai focus group ha compilato un questionario sui dati demografici, l’esperienza di lavoro, la sua pratica, la religione, gli atteggiamenti verso l'uso di strumenti di screening per diagnosticare la depressione, e il numero medio di pazienti di cure palliative seguiti in 1 anno. Inoltre, grazie alla scala analogica visiva a 10 cm, ai partecipanti è stato chiesto di indicare le loro competenze in cure palliative e sulla salute mentale, i punteggi più alti indicavano una maggiore esperienza.

Un esperto moderatore indipendente ha guidato la discussione dei focus group sulla base di un elenco di argomenti, dedotti dalla letteratura e dalle linee guida sulla depressione in generale e nelle cure palliative, ed incentrati sugli atteggiamenti, i problemi e i bisogni nella gestione della depressione in cure palliative.

All'inizio della discussione nei focus group, è stata espressa la definizione di un paziente di cure palliative, descrivendo una persona che ha una malattia progressiva incurabile, con un'aspettativa di vita inferiore a 1 anno ma superiore a poche settimane. È stata usata questa definizione per indirizzare la discussione alla cura dei pazienti che seguono una traiettoria palliativa, ma non sono ancora nella fase terminale della loro malattia.

Non è stata predefinita la depressione perché si volevano osservare le opinioni implicite ed esplicite dei medici nella sua definizione. Dopo aver brevemente descritto la procedura al gruppo, il moderatore ha introdotto ogni argomento dell’elenco, ed ogni partecipante è stato invitato a dare il suo punto di vista. Questa fase è stata seguita da una discussione del gruppo in cui il moderatore ha attivamente motivato i partecipanti ad esplorare e a chiarire le loro opinioni in modo approfondito. Tutte le discussioni dei focus group sono state registrate e trascritte parola per parola.

Si è usata l’analisi comparativa per analizzare i dati. Durante questo processo, i temi sono stati costantemente confrontati con le trascrizioni per ordinarli come dati utilizzando Atlas.ti  (Atlas.ti Scientific Software Development GmbH). L'analisi, avviata subito dopo il primo incontro, è continuata dopo ogni gruppo. Due ricercatori hanno codificato indipendentemente le trascrizioni e classificato i frammenti significativi per creare una struttura nei temi rilevanti. Dopo ciascun gruppo, i codici sono stati confrontati e discussi fintanto che l'accordo è stato raggiunto. Successivamente, i codici sono stati discussi con un terzo ricercatore esperto per migliorare il rigore dell’analisi. Sono stati aggiunti nuovi temi importanti per i focus group consecutivi fino a saturazione degli argomenti.

Il campionamento intenzionale ha portato a 4 focus group per un totale di 22 medici di famiglia (13 uomini, 9 donne, da 4 a 8 partecipanti per gruppo). Le sessioni dei focus group duravano circa 90 minuti e si sono svolte tra febbraio e aprile del 2010.

I risultati dei focus group sono divisi in 4 categorie principali: la diagnosi di depressione, la gestione della depressione, le difficoltà in questo settore, le esigenze e le possibili soluzioni.

I medici di famiglia hanno riferito che hanno regolarmente notato un umore depresso, ansia, tristezza, e preoccupazione nei pazienti di cure palliative, e generalmente si sono ritenuti in grado di risolvere questi sintomi. Hanno definito i problemi emotivi come comprensibili e coerenti al processo di accettazione della fine della vita, e anche se hanno attivamente affrontate queste tematiche, non hanno applicato il concetto medico di depressione. Hanno descritto la difficoltà a distinguere la tristezza normale da quella anormale, come illustra il seguente commento: Io non vedo la depressione molto spesso e ho notato che ho la tendenza a ignorare un po’ il concetto medico di depressione ... Non credo che a un certo punto inizi un umore depresso e in un altro cominci il disturbo depressivo. Vi è naturalmente una grande area di transizione, e dipende dalla situazione, dal paziente e dal medico... non mi ricordo di aver mai cercato attivamente la depressione in un paziente palliativo (medico di famiglia).

I medici di famiglia identificano specifici segni e sintomi che riguardano la depressione:  senso di depressione grave e persistente, senza momenti di piacere o di sollievo, apatia; sintomi fisici incurabili, o più sofferenza di quanto ci si aspetterebbe dalla condizione medica, comportamento che genera isolamento e distanza emotiva dai parenti e dai familiari di supporto, carente evoluzione verso l’accettazione della fine della vita, sentimenti negativi o comportamenti inattesi dato il carattere del paziente e il contesto. Un medico ha dichiarato: Quando penso che una persona con il cancro in questa fase è depressa, allora [il suo comportamento] deve essere diverso da come ci si aspetterebbe ... e poiché sono il suo MMG,  so come il paziente reagisce normalmente e se si comporta come mi aspetto che egli faccia fronte a questa situazione.

I medici hanno riferito che spesso hanno percepito che il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, IV edizione (DSM-IV) ha una definizione di depressione incompatibile con il contesto delle cure palliative. Essi credono che la consistenza e la gravità dei sintomi principali della depressione (sensazione depressiva e anedonia) sono importanti per la diagnosi, tuttavia, hanno osservato che i criteri aggiuntivi della depressione, come la fatica, la perdita di peso e l’anoressia, sono inappropriati.

Quando è stato chiesto come diagnosticare la depressione in cure palliative, i medici di famiglia hanno sottolineato l'importanza di rilevare le condizioni generali, il sistema sociale e il contesto del paziente per stabilire le possibili mutazioni dei sentimenti e dei comportamenti come un segno di disagio psicologico. Per esplorare il carattere, la serietà e l'origine delle sensazioni depressive, i medici hanno riferito di aver discusso questi aspetti in una conversazione aperta con i pazienti e, se opportuno, anche con i partner e i parenti. Hanno usato la domanda "Ti senti depresso?" e l’hanno trovata utile per valutare la possibilità di depressione.

La maggior parte dei medici ha indicato di fidarsi del proprio giudizio clinico e della "sensazione viscerale" piuttosto che degli strumenti di screening. I medici di famiglia sia che definissero o meno i pazienti come depressi, hanno sottolineato l'importanza di prestare attenzione ai sentimenti depressivi e ansiosi; alle conoscenze dei pazienti, alle domande esistenziali,a i bisogni spirituali, e alle percezioni e ai sentimenti dei partner.

Essi hanno riferito che si sono occupati del contesto psico-sociale, dall’inizio della fase palliativa per anticipare i problemi. Un supporto intensivo,  visite frequenti e una comunicazione aperta sono stati strumenti importanti nella gestione della depressione. I medici hanno osservato che i pazienti e le famiglie che hanno ritenuto di poter contare sul sostegno del proprio medico avevano meno ansia e più tranquillità, ed erano meno stressati. Inoltre, i medici hanno riferito che hanno incoraggiato i pazienti a prendere le proprie decisioni nel percorso delle cure palliative come un mezzo per aumentare la loro autonomia.

Molti medici di famiglia hanno riferito che a volte hanno ritenuto utile indirizzare i pazienti ad uno psicologo, un’assistente sociale, o a un’équipe di cure palliative.

I medici hanno riferito che raramente hanno prescritto antidepressivi o stimolanti, ma quelli con maggiore esperienza in cure palliative hanno indicato che essi erano più tranquilli nel diagnosticare la depressione e nel decidere di trattarla farmacologicamente. La scelta del farmaco era basata sulla natura dei sintomi psicologici, l'età del paziente e l'aspettativa di vita, le comorbilità, e gli effetti avversi attesi. I medici che trattano con antidepressivi sottolineano l'importanza di un supporto intensivo, specialmente all'inizio della terapia, per aumentare l'adesione alla medesima. Il trattamento farmacologico è stato sempre utilizzato in combinazione con la psicoterapia o il supporto.

I medici di famiglia erano riluttanti a concentrarsi sui sentimenti depressivi per paura di interferire con il processo di adattamento del paziente, qualificandolo negativamente. Soprattutto quando si tratta di gestione specifica, hanno espresso incertezza. Spesso si avvicinano alla possibilità di esplicitare il termine depressione indirettamente con il paziente, mantenendo un equilibrio tra il concentrarsi su esperienze personali dei pazienti e la gestione proattiva delle depressione. Alla luce di questa riserva, alcuni medici hanno esitato quando bisognava decidere circa la gestione dei sintomi depressivi con i farmaci o con la psicoterapia. Come un medico che ha dichiarato, "Difficilmente prescrivo antidepressivi o faccio diagnosi di depressione perché non voglio interferire nel processo di accettazione del fine della vita".

I medici di famiglia hanno sottolineato come, a loro avviso, la situazione di ogni paziente sia specifica e dinamica, e ciò rende difficile seguire linee guida generali per la diagnosi e il trattamento della depressione, o anche un orientamento specifico per la depressione in cure palliative.

La prospettiva di un tempo breve è stata riconosciuta come un ostacolo strutturale nelle cure palliative in generale e in particolare nel trattare problemi psicologici. Ha limitato le conversazioni con i pazienti e i loro partner. Alcuni medici hanno trovato difficile affrontare l'intera gamma delle cure palliative, in particolare, discutere gli aspetti psicologici o sociali con i pazienti e i loro partner che erano concentrati sulla malattia fisica, come illustra il seguente commento: Quando sei molto impegnato con tutte le questioni e i sintomi fisici e con la gestione generale delle cure palliative, con la situazione e tutto quello che ci sta intorno, non si ha modo per riflettere con calma, come, "Come stava il paziente, qual’era l'interazione, può esserci un sottofondo depressivo?

I medici di famiglia rilevano carenze nella cura della depressione in pazienti che seguono un percorso palliativo e hanno indicato che avrebbero voluto sapere di più, in particolare sull'individuazione della depressione nelle cure palliative, o aiuto da linee-guida, o accesso a questionari o a criteri per distinguere tra stati depressivi normali e anormali.

I medici esperti in cure palliative hanno invece sottolineato l'importanza di avere una procedura per la gestione tecnica e logistica di questa cura, in modo da avere il tempo necessario per affrontare l’assistenza psicosociale. Hanno segnalato la mancanza di collaborazione con altre discipline, e la mancanza di conoscenza degli eventuali contributi di quelle discipline. Essi hanno rilevato che la promozione del lavoro di squadra tra i medici di famiglia, gli specialisti negli ospedali, i terapisti, i team di cure palliative, gli assistenti sociali, i sacerdoti, gli imam è stata preziosa e potrebbe tradursi in una maggiore attenzione ai bisogni psicologici, emotivi, sociali e spirituali dei pazienti. Inoltre, auspicano un ruolo più ampio per i professionisti della salute mentale che sono addestrati a lavorare con i pazienti di cure palliative ed i loro partner, infatti un medico ha commentato: "Ho notato che ci sono pochi posti a cui posso indirizzare i miei pazienti di [cure palliative]".

I medici di famiglia di questa ricerca hanno riferito che sono spesso di fronte a sintomi depressivi nei loro pazienti in cure palliative e, in generale, si sono sentiti competenti per affrontare questo problema. Per aiutare questi pazienti, i medici si basano sulla analisi cumulativa per determinare se i pazienti hanno una normale tristezza o una depressione che richiede un intervento. Essi hanno riconosciuto la difficoltà di discernere la depressione dalla normale tristezza e talvolta sperimentano una mancanza di conoscenza, di tempo e di ulteriori fonti di sostegno, ad esempio psicologi specializzati.

Per migliorare la gestione della depressione nei pazienti di cure palliative, i medici di famiglia hanno suggerito: (1) una particolare attenzione al processo diagnostico della depressione nei pazienti di cure palliative nella loro formazione professionale, (2) un orientamento specifico e pratico per la depressione in cure palliative, (3) uno strumento psicometrico per valutare la depressione nei pazienti di cure palliative e per monitorare il trattamento, (4) la disponibilità di professionisti della salute mentale formati in cure palliative, e (5) una maggiore collaborazione con altri professionisti sanitari.

I medici hanno riferito che ritengono che il loro giudizio clinico valga più dei questionari. Altri studi avevano rilevato in modo simile che i medici di famiglia ritenevano che la loro saggezza pratica e il loro giudizio clinico fossero più importanti degli accertamenti obiettivi.

In questo contesto, gli strumenti per la definizione della depressione possono aiutare nel processo decisionale condiviso e nel monitoraggio. La maggior parte dei medici di famiglia spesso non ha diagnosticato esplicitamente un disturbo depressivo nei pazienti di cure palliative. In realtà, un medico ha espresso il timore di interferire con il processo di accettazione della fine della vita, se avesse definito patologica la tristezza.

Questi risultati contrastano rispetto a quelli di un precedente studio sui pazienti depressi nelle cure primarie in cui i medici di famiglia incoraggiavano i pazienti a vedere la depressione come separata dalla propria e normale tristezza.  Questa differenza tra gli studi illustra come lo specifico contesto dei pazienti di cure palliative richieda un approccio diverso. Lo svantaggio di un approccio conservativo nella diagnosi di depressione potrebbe comportare per i pazienti depressi in cure palliative di non ricevere un trattamento ottimale, tuttavia, se la terapia di supporto e quella contestuale che i medici di famiglia offrono è sufficiente per la maggior parte dei pazienti,  ciò potrebbe risparmiare a molti di loro inutili e talvolta dannosi trattamenti intensivi.

Numerose linee guida di cure palliative richiedono uno screening proattivo e un trattamento della depressione nei pazienti con cancro in fase terminale che hanno una sopravvivenza limitata. I modelli per lo screening attivo e il trattamento dei disturbi dell'umore sono spesso basati sul modello medico, tuttavia, quel modello non prende in considerazione la cura dei medici di famiglia quale approccio adeguato per affrontare i disturbi dell'umore in cure palliative. Questa situazione potrebbe spiegare perché alcuni medici di famiglia non cercano attivamente la depressione nei pazienti di cure palliative, anche se sono consapevoli che i sintomi depressivi sono abbastanza comuni in questa popolazione.

I medici di famiglia sembrano essere più interessati all’utilità clinica che alla validità della diagnosi di depressione. Usano un concetto contestuale di depressione, che può riflettere la cura centrata sul paziente ed il contesto specifico, che viene privilegiata nella medicina di base. Questo punto di vista si è riflesso anche nei commenti dei partecipanti che sostenevano che a causa di un rapporto a lungo termine con i pazienti, sono in grado di determinare se il comportamento del paziente era coerente con il modello che si aspettavano con un'espressione di normale tristezza o se si accordasse con la tristezza patologica.

Dal punto di vista della cura centrata sul paziente, potrebbe rivelarsi utile se i medici di famiglia parlassero apertamente con i loro pazienti e i familiari di supporto su come relazionarsi con la tristezza nel processo di affrontare la malattia terminale nella situazione specifica dei pazienti.

I medici di famiglia potrebbero informare i loro pazienti di cure palliative che la depressione è a volte difficile da valutare nel contesto di un percorso palliativo e che richiede un monitoraggio. I pazienti e i familiari di supporto potrebbero essere incoraggiati ad esprimere come valutano la loro tristezza e se ritengono la loro tristezza normale o anormale. Inoltre, i medici dovrebbero discutere le opzioni di trattamento della depressione con il paziente e il caregiver, i possibili benefici e le conseguenze negative in relazione al contesto specifico del paziente.

Consigli pratici per il paziente e anche per il caregiver (quali la ricerca di svago, attività piacevoli,  rivolgersi al paziente non solo come a un malato) può anche essere importante.

Si ritiene che questo sia il primo studio ad esplorare come i medici di famiglia affrontano la depressione nelle cure palliative. Si è usata una strategia intenzionale di campionamento per raggiungere un’ottimale varietà di opinioni. Il numero limitato di medici può limitare l’estrapolazione dei risultati a tutti i medici di famiglia, ma è considerato adeguato per una prima approfondita esplorazione.

 

Sebbene lo studio rispecchi il contesto olandese delle cure primarie, i risultati sono importanti, più in generale: in primo luogo e soprattutto l'importanza delle cure palliative, all’interno dell’ambiente del paziente è un valore condiviso dai medici di famiglia di molti paesi. Nel fornire la cura, i medici di questo studio considerano il loro rapporto professionale con i pazienti e il loro uso delle conoscenze dei pazienti e dei loro familiari accumulato nel tempo, parte dei valori fondamentali del diritto internazionale delle cure primarie.

Nelle discussioni dei focus group, i partecipanti si influenzano a vicenda, pertanto le opinioni contrastanti e alcuni risultati possono essere mancanti. In questo studio, tuttavia,  tutti i partecipanti sembravano condividere le proprie opinioni apertamente, e si è ottenuta una grande varietà di opinioni. Sono state incluse discussioni di gruppo con partecipanti che non si conoscevano e tra gruppi affiatati i cui membri potrebbero essere più abituati a sfidarsi.

Anche se il moderatore ha fornito un’ ampia definizione di lavoro del paziente di cure palliative, quasi tutti i partecipanti sembravano limitare la discussione ai pazienti affetti da cancro. In futuro, si consiglia di ampliare la ricerca anche a pazienti di cure palliative non affetti da cancro. I medici di famiglia potrebbero avere un approccio diverso alla depressione in questa popolazione.

Due dei ricercatori che hanno analizzato i dati sono medici di famiglia e hanno familiarità con la pratica della medicina di famiglia, e quindi sono più propensi a interpretare i dati nel contesto appropriato. Infine, le opinioni e le esperienze che i medici di famiglia hanno espresse e descritte non forniscono dati sul comportamento effettivo dei medici e sugli effetti ottenuti dai pazienti.

In conclusione, i medici di famiglia svolgono, per i pazienti di cure palliative, un ruolo fondamentale nel fornire una cura della salute mentale centrata sul paziente e sul suo contesto specifico. Sulla base dei risultati di questo studio, si raccomanda ai medici di famiglia di riconoscere l'importanza della diagnosi e della gestione della depressione nelle cure palliative, di monitorare il benessere psicologico dei pazienti nel tempo.

Si consiglia di migliorare l'istruzione dei medici di famiglia, costruendo sugli elementi che i partecipanti allo studio hanno mostrato, per la diagnosi della depressione e per distinguerla dalla normale tristezza: rafforzare la continuità delle cure e la costruzione di relazioni con i pazienti e le loro famiglie, per tutto il percorso  palliativo, ed esplicitamente considerando la tristezza parte del normale processo di accettazione in vista della fine della vita.

Le linee guida, i criteri e gli strumenti psicometrici di facile uso per il paziente, saranno validi solo quando applicabili nel contesto di un approccio centrato sulla persona. In questo modo, i medici di famiglia possono essere aiutati a migliorare ulteriormente il loro approccio alla complessa situazione dei pazienti di cure palliative facendo fronte a sfide in quasi tutti i campi (fisico, psicologico, spirituale e sociale). Questo approccio riconosce l'importanza e l'uso di una conoscenza cumulativa e contestuale, che è una qualità fondamentale della medicina di base.

Infine, sono necessarie ulteriori ricerche per valutare i reali processi diagnostici e terapeutici utilizzati dai medici di famiglia nella gestione della depressione nelle cure palliative e gli effetti sui loro pazienti.


vai all'abstract >> How Family Physicians Address Diagnosis and Management of Depression in Palliative Care Patients  Franca Warmenhoven, MD - Ann Fam Med. 2012; 10:330-336

 

Questo documento si basa sulla ricerca (Abbott e Carpenter, 2010) per il Ministero della Sanità britannico che ha esaminato le opinioni di 40 giovani uomini e delle loro famiglie (102 partecipanti) sulla transizione verso l'età adulta negli uomini giovani affetti da distrofia muscolare di Duchenne (DMD).

Una volta  ci si aspettava che questi giovani vivessero solo fino all’adolescenza, ma ora vivono più a lungo.

Le famiglie hanno dovuto rispondere ad un’enorme variazione delle aspettative - non solo rispetto alla durata della vita - ma su come vivere e come parlare delle problematiche di fine vita.

Non sono state compiute ricerche rispetto a questi temi dal punto di vista di questi giovani.

In considerazione delle mutevoli realtà del vivere con la distrofia muscolare di Duchenne, vigeva un mantra molto forte: 'vivere alla giornata'. I giovani hanno detto di preferire di non pensare molto alla distrofia, ma che però desideravano poterne parlare con qualcuno, talvolta. I genitori hanno detto che spesso non sapevano cosa dire ai loro figli sulla malattia perché si sono trovati a vivere con figli che semplicemente non avrebbero più dovuto essere vivi.

La censura, la collusione, la protezione di sé e degli altri, e il silenzio caratterizzano i resoconti dei giovani e delle loro famiglie.

Si ritiene che si debba essere più attenti nel fornire sostegno emotivo e psicologico ai giovani con la distrofia muscolare di Duchenne in modo che il dialogo sulle problematiche del fine vita possa aver luogo – tenendo conto delle preferenze individuali, degli stili di comunicazione, delle dinamiche familiari e dei benefici del supporto tra persone di pari condizione.

BMJ Support Palliat Care 2012;2:178-179 - Talking about tricky transitions with young men with Duchenne muscular dystrophy and their families - D Abbott

 

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