Quasi un film incancellabile.

28 febbraio 2011…

sono trascorsi 35 anni da questo stesso giorno che, in quell’anno bisestile, portò nella nostra famiglia il più incomprensibile dolore che possa esistere.

Rincorsi a sirene spiegate da una vettura della polizia stradale, fummo dirottati (con le dovute raccomandazioni di non preoccuparci) verso Sondrio al Comando di polizia. Di là ancora, ormai senza più dubbi all’ospedale: con me mia moglie e M, e mio figlio P. Non avevo mai visto un obitorio e mai avrei creduto possibile trovarmi di fronte ad una fredda lastra di marmo sulla quale giaceva nostra figlia ANNA.  Esanime!

 

Causa: la caduta a testa indietro sopra un tronco verso la fine della gara sciistica provinciale delle scuole di Lombardia a cui Anna partecipava. Quindi, le pratiche burocratiche cui eravamo soggetti per l’asportazione della salma. La rincorsa delle telefonate ai parenti prima, e poi al sacerdote del paese ove desideravamo tumularla. Fummo aiutati dalla comprensione umana per una veloce soluzione evitando l’autopsia in luogo.

Mancò il tempo per le lacrime, anche durante la notte di riposo, presso amici del luogo, per ripartire l’indomani, coi necessari lasciapassare, per raggiungere la chiesa ed il cimitero di Mozzio.

Mancò il tempo per le lacrime anche all’arrivo, ove inaspettatamente eravamo già attesi da tanti amici allertati, come per miracolo, da altri amici ed ancora tutta la rappresentanza del paese.

Indifferente ai nostri fatti, calò la notte anche quel giorno, dopo la straziante cerimonia della tumulazione ove scoprii la commossa partecipazione degli amici che, con amore, ponevano una manciata di terra sulla bara. Ricordo mio figlio disperatamente singhiozzante di fronte alla fossa, il silenzio della notte, nella nostra casa, nel nostro letto, insonne ed ancora frastornato dagli eventi ma senza lacrime, fuori del  cancello una vettura rimase ferma fino all’alba.

Due poveri giornalisti che volevano sapere... li ospitammo per un caffè mattutino, pietosi per il loro povero sacrificio... per la pagnotta. Scrissero un articolo su “La notte”: unico segnale dei media oltre la solita cronaca! Ci dispiacque. Ma cosa sarebbe successo oggi?

Fin qui i fatti. Lucidi ancor oggi nella mente, quasi un film incancellabile.

E qui finisce la festa: quella delle presenze degli amici, quella dell’accompagnamento!

Finisce lo stordimento dei fatti subiti, delle decisioni prese, delle esequie al suono delle campane di quel campanile che aveva sempre scandito rintocchi di allegria, di chiamata, di festa e… di morte.

MORTE: parola che non ho mai voluto usare, quasi che sinonimi o giri di frase rendessero meno greve il suo significato. Parola legata strettamente a due quesiti universali: perché e/o dopo?

DOPO: da laico forse ho liquidato velocemente i due percorsi (inferno – paradiso) che non sono null’altro che la netta percezione dello “stop!”. Fermata certa ed irrimediabile che ti mette a confronto con tutto il tuo aver agito nel bene e nel male.

Basta non puoi fare più niente!

Sei stato corretto come genitore ed educatore?

Le hai dato tutto l’amore che Lei si aspettava, non quello che tu giudicasti opportuno?

Hai speso autorità o autorevolezza! Forse non mi ero mai chiesto la differenza. Ora mi tocca!

L’hai sostenuta nello sport, nella vita attiva, nella ricerca del rischio... o sarebbe stato meglio   trattenerla... in culla?

Quando sono venuti i suoi compagni di scuola, apposta per ricordarla con un messa a Mozzio, ho voluto parlare a quei ragazzi che avevano desiderato quell’incontro, confermando la via dello sport come forma certa di educazione per l’impegno e la socializzazione. Ne ero certo, quantomeno come esempio per loro. Per me non era comunque un momento di certezze!

Don Franco (padre spirituale della scuola) che La ricordava per la Sua allegria, per la Sua generosità, giustificò la Sua dipartita col paragone delle monete di vario valore: ebbene noi nasciamo col conio da 5 (anni) da 7 o da 16 quanti erano gli anni di Anna, lì si ferma la vita! Ma chi dispone le scelta, l’accredito sul conto vita: perché Lei da 16?

Personalmente avevo espresso il mio disaccordo circa la Sua partecipazione a quella gara, ma il Suo disappunto aveva trovato un serio appoggio da parte della mamma quale sprone per lo studio…!

 

 

Come e se suddividere la responsabilità della scelta in famiglia?

Amici nostri cari e vicini avevano perso un figlio in condizioni simili 4 anni prima (bisestile), e la scelta di un responsabile aveva quasi stravolto i rapporti tra i genitori e creato feroci reazioni nei fratellini. La loro mamma mi raccomandò di saper gestire meglio di loro la nostra simile situazione. Anche questo mi aiutò ad assumere certe responsabilità nel “dopo” perché ognuno, col suo carico di dolore ed il suo modo di viverlo, fosse autore dei suoi sentimenti e comportamenti, nel pieno rispetto ed aiuto reciproco nel difficilissimo percorso di una grave perdita d’amore!

No alla disperazione senza domani, no alla limitazione di attività a nostro figlio P allora maturando.Ma quanta fatica affrontare la quotidianità apparentemente inutile, quanta disperazione alla constatazione della sopravvivenza di tutte le realtà materiali che Le appartenevano e non Lei! Quanto pianto riapparso sulle nostre ciglia dalla prima celebrazione (novena) per Lei! Forse fin dall’infanzia non avevo più pianto, da allora la commozione mi trafiggeva in ogni occasione: perché la gente in tram non mi chiedeva perché ero triste?

 

Ma l’occasione mi rese anche conscio del “patrimonio d’amicizia” che mi circondava esprimendo la comprensione sapiente e solidale di tante persone che consideravo solo compagni di svaghi. Mi resi conto della loro importanza, mi resi conto che “ricevevo” mentre loro “davano”!

Ho risposto a tutte le condoglianze con attenzione pari a quella che ciascuno mi aveva espresso, praticamente credo d’aver scoperto inconsapevolmente quel sentimento definito solo recentemente: l’empatia.

 

Ho cercato risposte al “perché” nei libri e nelle chiese, dagli amici e dai sacerdoti, ma tuttora la commozione allenta solo lo spasimo dell’anima, ma non li spiega.

Avevo visto morire, in guerra, il miglior amico, medaglia al valore per la difesa dei nostri ideali, ma da soldati non si piange; ho visto mio padre terminare una vita difficile a 60 anni, ma era parte dei normali percorsi di vita. Credevo ai perché più facili, comprensibili.

Non fu e non è così.

Non ho mai creduto al trascendente: ho solo pensato, in varie chiese, che Anna avrebbe ora saputo ciò che io non so!

La volevo più ricca di me!

Gli anniversari scorrevano con la cadenza del tempo rinnovando commozione, dolore, ricerca.

La Sua immagine, con gli anni non corrispondeva alle supposizioni di una ragazzina cresciuta fino ad essere adulta. Il ricordo La tratteneva nella sembianze del vissuto assieme. Ma si fermava là!

Col tempo il ricordo divenne più dolce, serena nella Sua pace, vicina a noi con la saggezza di chi non può sbagliare. Il Suo spirito, la Sua anima rimane con noi: allegra, generosa, tenace, impegnata come la ricordavano anche i Suoi amici e compagni.

Anche il dolore si trasformava da strazio in crescita: la ricerca dei significati della vita, maturata attraverso la riflessione, l’ascolto e la comprensione, mi ha permesso di dare a questi la corretta espressione per un percorso di vita che ne giustifichi lo sviluppo.

Lavoro, benessere per la famiglia, carriera e successo, sono solo il corollario dovuto alla sopravvivenza.

Il valore della vita rimane nella ricerca di un domani (quanti anni saranno) positivo nelle scelte quotidiane attraverso la sensibilità, l’attenzione all’ascolto, e la capacità di saper sempre esprimere  generosità umana,per dare a chi abbia bisogno di te.

 

Ognuno ha ciò che ha saputo dare.

 

L’ultimo abito sarà senza tasche! (proverbio tedesco)

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