2 febbraio 2011 - Cure palliative: profit vs non profit

Il riconoscimento economico a giornata dell’assistenza di cure palliative può creare l’incentivo a selezionare le persone da ricoverare prediligendo malati che abbiano un minor bisogno di assistenza e una permanenza più lunga. A conforto di questa ipotesi, Wachterman ha pubblicato su JAMA l’analisi comparativa tra gli hospice profit (1087 record da 145 servizi), e quelli non profit (3618 record per 524 servizi). Questo studio ha dimostrato che l’attività profit ha una minore presenza di malati affetti da cancro, e una più elevata percentuale di malati di demenza e affetti da patologie non neoplastiche

Mentre non ci sono differenze significative del luogo di cura tra profit e non profit quando i dati sono corretti rispetto al livello demografico, clinico e alle caratteristiche organizzative dei servizi. Invece, la permanenza in assistenza è maggiore per il profit (20 gg medi) rispetto ai 16 gg del non profit, e con percentuali superiori di malati in assistenza per oltre 365 giorni (6,9% rispetto al 2,8% del non profit), così come una minore incidenza dei pazienti con assistenza inferiore a 7 gg (28,1% rispetto al 34,3%). La frequenza di visite giornaliere nei pazienti con demenza o patologia non neoplastica (0.37 e 0.41 visite) è minore di quella per i pazienti oncologici (0,50 visite) da parte degli infermieri e degli assistenti sociali (0.11 versus 0.14 versus 0,15 visite).

 

Vai all'articolo >> JAMA (2011 feb 2; 305:472-479)

 

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